di Antonio Sciuto
Oggi il più importante polo logistico cittadino, da cui passano soprattutto merci destinate ai porti, è oggetto delle mire di due colossi della logistica: PSA Italia e MSC hanno infatti presentato offerte per comprare il 70% della nuova società dell’Interporto.
Siamo davanti ad una grande operazione di privatizzazione dal valore di 60 milioni, con cui il Comune di Padova, in piena continuità con le politiche di smantellamento dell’economia e del welfare del nostro paese attuate da ogni schieramento politico, si libera di uno dei suoi asset economici più importanti.
Come sempre, il criterio per vincere il bando sarà quello dell’offerta più economicamente vantaggiosa, e quindi al ribasso e anche con possibili ricadute sui lavoratori.
L’Interporto di Padova è una società per azioni a partecipazione pubblico-privata, fondata nel 1971 e ancora guidata dalla Camera di Commercio di Padova, dal Comune di Padova, dalla Provincia di Padova e dalle Ferrovie dello Stato. Oggi questi attori sono pronti non solo a vendere, ma a fondare una nuova società in cui l’attuale maggioranza cederà ai gruppi internazionali il 70% mantenendo comunque un controllo del 30% e la clausola che impedisce il cambio di destinazione senza l’assenso del Comune di Padova.
La narrazione è quella di un’operazione di apertura al mercato globale, ma si può leggere come un ulteriore passaggio nella storia delle privatizzazione e la svendita a grandi monopolisti globali di pezzi importanti dell’economia del nostro paese.
Le offerte alla chiusura del bando internazionale lanciato a luglio sono, infatti, quelle di due dei più importanti gruppi della logistica portuale mondiale che hanno già le mani sui principali snodi italiani e che ora cercano di ampliare e consolidare la propria rete.
A contendersi l’affare ci sono i due gruppi che dominano e si contendono il commercio portuale in Italia, e che hanno anche due grossi scali a Venezia tramite le loro controllate rispettivamente Terminal Intermodale Venezia (MSC) e Vecon Spa (PSA Global).
La prima cordata è quindi fondata da PSA Italia, che è parte di PSA Global – azienda nata dalla trasformazione in società per azioni dell’autorità portuale di Singapore e oggi leader mondiale della logistica portuale presente in 185 terminal in 45 paesi -, e Logtainer, una società di Milano che opera nelle principali città portuali d’Italia (Genova, Livorno, Napoli, Ravenna ecc..).
La seconda, decisamente corposa, è costituita da Railhub, azienda del mega gruppo tedesco Contship, e da Medlog, controllata della celeberrima MSC, la più grande compagnia di navigazione al mondo.
Come avevamo già raccontato, MSC è un partner essenziale di Israele: ha un patto di alleanza con la Zim, storica azienda israeliana che è nata per trasportare i coloni in Palestina, ma anche un ruolo proprio nell’economia del genocidio. Come denunciato dal BDS, dopo il 7 ottobre 2023 MSC non solo non ha ridotto il volume di affari con l’occupazione, ma ha ampliato il suo aumentato il volume delle commesse militari da e per Israele. Un alleato importantissimo del genocidio, dato che il mare resta la via principale per il commercio di armi.
Tramite Medlog, la MSC copre autonomamente la parte del trasporto cosiddetto intermodale, cioè quella catena di tir e treni che trasporta i container verso le aree portuali, ne gestisce lo stoccaggio e il carico scarico, insomma tutta la parte logistica che precede il viaggio della merce in mare. Railhub, dal canto suo, è una grossa azienda lombarda del gruppo Contship, a sua volta parte di un altro grande gruppo della logistica portuale come Eurokai, che da anni fa affari in Italia soprattutto con il porto di La Spezia.
L’Interporto di Padova si consoliderà come un centro molto importante per il commercio e la logistica del mare, tanto che è stato anche definito il settimo porto italiano per volume d’affari, sopra Porto Marghera, è che è appetibile anche per gli oltre 300 mila mq di immobili di cui è dotato.
È dunque significativa la notizia che i sindacati, e in particolare ADL Cobas, abbiano annunciato l’intenzione di bloccare l’Interporto in occasione dello sciopero generale proclamato in maniera unitaria per il 3 ottobre da USB e CGIL. Un segnale chiaro: chi lavora nello scalo si oppone al genocidio e all’occupazione della Palestina ed è disposto a creare un problema. La sfida all’economia di guerra, come hanno dimostrato già i portuali di Genova, infatti per essere efficace deve necessariamente partire dai luoghi di lavoro, dal blocco della produzione, solo così si può incidere in un dibattito altrimenti relegato alle segreterie nazionali o europee.
Un messaggio chiaro anche ai futuri acquirenti, a cui risponde anche la chiamata per costruire un grande blocco popolare dell’interporto rilanciato dalle realtà politiche e sociali della città con Potere al Popolo e CSO Pedro in testa.
Ci vediamo in piazza!